La capitale del gioco sicuro

Le slot machines sono in tutta Pavia: nei bar, nelle sale giochi, nelle tabaccherie, nei pub. Se ne trovano ormai anche in latteria e al distributore di benzina. In tutto ci sono 520 slot machines, circa una ogni 136 abitanti della città. Nella primavera del 2005 siamo entrati in un bar e siamo rimasti attratti dalle luci e dai rumori che emettevano. Abbiamo iniziato a giocare non vincendo nulla, abbiamo continuato il giorno dopo. questo è un tipico esempio di come il gioco sicuro si può trasformare tranquillamente in dipendenza. Potrebbe essere l’incipit di tante altre storie di vite bruciate perché, si sa, nella miseria ogni vicenda si somiglia. Almeno all’inizio. Poi dipende da chi incontri sulla tua strada.

Per me la Provvidenza ha il volto di tutte quelle persone che mi hanno voluto aiutare, continua un giocatore. Una di queste è Simone Feder, psicologo, che insieme ad un gruppo di volontari della Casa del giovane si occupa del recupero dei giocatori d’azzardo che per lo Stato restano dei fantasmi visto che la ludopatia non è ancora riconosciuta come una dipendenza da curare. Non so spiegarmi il primato di Pavia, spiega Feder che ha condotto di recente una ricerca sui minori da cui è emerso che tra i quindicenni, il 15 per cento ha giocato almeno una volta ai video poker o alle slot. La prima volta è stata tra i 12 e i 14 anni ma l’8 per cento ha affermato di aver giocato prima dei 10. Nell’86 per cento dei casi la somma giocata è inferiore ai 10 euro ma c’è un 14 per cento che spende più di 51 euro.

Altro risvolto inquietante: il numero maggiore di ragazzi con un genitore che gioca, presenta altri comportamenti a rischio: il 30 per cento consuma alcol ogni giorno, l’11 fuma e fa uso di droghe leggere. È come se ci fosse stato un passaggio generazionale, prova a spiegare Feder, fino a cinque-sei anni fa nei nostri centri d’ascolto arrivavano soprattutto anziani, oggi invece sono quasi tutti giovani e adolescenti. Anche se non mancano, soprattutto tra le donne, quelli della fascia d’età media che va dai 35 ai 55 anni. L’azzardo è uno spettro trasversale: divora tutti e non sembra dipendere dalla ricchezza, né da particolari contesti familiari o sociali.

E la crisi? «Incide fino a un certo punto, dice Feder, la motivazione del gioco data dai figli che hanno il padre che lavora o è disoccupato è la stessa: arricchirsi. Le storie, su questo, dicono più delle cifre. C’è la figlia diciottenne di un titolare di una ditta d’idraulica che ha comprato un dispositivo satellitare Gps e lo ha piazzato di nascosto nell’auto del padre per monitorarne gli spostamenti. Quando s’avvicina a una slot machine scatta l’allarme rosso. Fino ad ora, ha dilapidato oltre 50 mila euro. Alcuni ragazzi sono venuti da me per chiedermi di gestire il conto corrente dei genitori che si stanno rovinando con il gioco non sicuro, racconta Feder.